Quasi ad un anno di distanza, la Cassazione a Sezioni Unite si pronuncia in ordine agli effetti della nuova convivenza sul diritto all’assegno divorzile

Quesito: con sentenza n. 32198 del 5.11.2021, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha composto il conflitto sollevato dalla Prima Sezione della medesima Corte con ordinanza interlocutoria n. 28995 del 2020 (Cass. Civ., Sez. I, 17.12.2020, n. 28995), relativo alla spettanza o non dell’assegno divorzile in caso di instaurazione di una nuova convivenza dell’ex coniuge richiedente e/o beneficiario dell’emolumento.

PRIMA DELLE SEZIONI UNITE

Numerose pronunce, con notevole favore di buona parte della dottrina, avevano a tal proposito dichiarato che l’instaurazione di una nuova famiglia, ancorché di fatto, da parte dell’ex coniuge determinava la caducazione automatica del diritto di quest’ultimo all’assegno divorzile.

LE SEZIONI UNITE, chiamate a risolvere conflitti giurisprudenziali, prendendo le distanze dal suddetto orientamento, hanno statuito che la convivenza non comporta di per sé la caducazione automatica e integrale del diritto all’assegno medesimo in favore del coniuge economicamente più debole:  ricorrendo il presupposto di incolpevole mancanza di redditi adeguati, il diritto all’assegno divorzile può permanere o essere riconosciuto anche in caso di nuova convivenza, residuando in tale ultimo caso la possibilità di una modulazione dello stesso.

A fondamento e supporto di questa articolata pronuncia, in sintesi, le SS.UU. si sono principalmente ancorate a due argomentazioni:

1) l’impossibilità di applicare analogicamente la normativa del divorzio laddove prevede l’automatica perdita dell’assegno ove il coniuge richiedente passi a nuove nozze (l’art. 5, comma 10, l. n. 898 del 1.12.1970) all’ipotesi della nuova convivenza, stante l’impossibilità di individuare la eadem ratio tra matrimonio e convivenza di fatto; ciò non solo in forza del riferimento normativo, ma anche in quanto la convivenza è “non pienamente assimilabile al matrimonio, né sotto il profilo della, almeno tendenziale, stabilità, né tanto meno sotto il profilo delle tutele che offre al convivente, nella fase fisiologica e soprattutto nella fase patologica del rapporto”;

2) l’accento sulla componente compensativa dell’assegno divorzile, che diversamente sarebbe completamente esautorata.

A tal proposito, nella pronuncia in esame, si legge che “la perdita integrale del diritto all’assegno, anche nella sua componente compensativa, sarebbe stata coerente con l’eventuale consolidarsi del nuovo orientamento sull’assegno di divorzio in funzione esclusivamente assistenziale, inaugurato da Cass. n. 11504 del 2017, e con l’affermazione netta del venir meno del legame di solidarietà tra coniugi conseguente al divorzio ivi contenuta, ma non è coerente con la diversa affermazione della funzione composita e non esclusivamente assistenziale dell’assegno, fatta propria da S.U. n. 18287 del 2018, che ha ribadito l’esistenza di una, seppur aggiornata, solidarietà post-coniugale”.

La Corte ha comunque auspicato che, in un settore della società di così veloce evoluzione e di così profonda incidenza sui diritti, il legislatore intervenga sulla disciplina al fine di attualizzarla e renderla maggiormente satisfattiva degli interessi coinvolti rispetto alle ricadute patrimoniali della fine del rapporto coniugale, evitando in tal modo di lasciare alla giurisprudenza il difficile compito dell’interpretazione della lacunosa normativa esistente, onde trovare il punto di equilibrio tra il principio di auto-responsabilità e la tutela della riaffermata solidarietà post-coniugale.

Per ogni dubbio e/o approfondimento, potete contattare lo Studio Legale Montesi attraverso l’apposito modulo contatti.

Tag: Matrimonio – Divorzio – Assegno Divorzile – Nuova Convivenza– Effetti – Funzione Compensativa –